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Auris è la pagina dedicata all’ascolto, all’orecchio. La musica, come fenomeno e in certe sue espressioni, sarà oggetto di trattazione trasportata dalla passione, con attenzione tanto all’intramontato ieri quanto all’inafferrabile oggi della musica.

Di Giuni (di musica)

Noi abbiamo portato con noi certe idee di «bellezza», di «ampiezza di stile», di «pathos», che potremmo anche a rigore avere l’impressione di ritrovare nella banalità di un’opera ben costruita, di un viso dalle linee regolari; ma qui il nostro spirito intento trova davanti a sé l’insistenza di una forma di cui non possiede l’equivalente intellettuale, di cui deve penetrare l’essenza ignota. Sente un suono acuto, una intonazione stranamente interrogativa; e si domanda: «È un’impressione di bellezza, questa che provo; è ammirazione? è questa la ricchezza del colorito, la nobiltà, la potenza delle linee?» E la risposta, nuova, sta in una voce acuta, in un tono curiosamente interrogativo, nell’impressione dispotica causata da un essere che non conosciamo: tutta materiale, nella quale non c’è il minimo spazio per la «grandiosità dell’interpretazione».

Così Proust ne I Guermantes. Il Narratore della Recherche parla della Berma che si è esibita magistralmente fino al punto che «l’esecutore, scompare, e non è piú che una finestra che dà su un capolavoro» (tr. it. Einaudi 1978, pp. 47-49). Perché, si direbbe Bene, si è capolavori.
Come in Battisti e in Battiato (amico di lei, sebbene questa abbia avuto da ridire su questa amicizia qualche tempo prima di-partire), anche in Giuni Russo l’esperimento musicale – aggiungendosi quello vocale naturalmente – si congiunge alla commerciabilità dei brani, che è data dalla familiarità suscitata nell’orecchio mentale dell’ascoltatore comune, non perdendo un iota di qualità. Il basso (e la batteria, in seconda battuta) è lo strumento su cui si registra maggior sperimentazione; ma al di là dello strumento, nell’insieme della composizione della partitura emerge la dinamicità delle scelte armoniche e stilistiche, che appaiono “nomadi” (si ascolti “A mezzanotte”). L’aggancio alla lirica è genuino e caratteristico, Giuni Russo è il perfetto significante vocale. È perciò la punta culturale della cultura pop. “Morirò d’amore” è il testamento prima della morte: una dedica, ricambiata, che la musica fa a lei che è morta d’un amore che si sente forte.

Il significante vocale è ripreso di recente in un disco di John De Leo, il suo debutto da solista (benché accompagnato da grandi artisti): Vago Svenendo. In una traccia nascosta alla fine del disco sentiamo le parole di Bergonzoni, già per principio isolate e allontanate da un mero significato, rivestite di musica. L’operazione non è da sottovalutare, anche perché non si può valutare quest’operazione: è inestimabile. È puramente «in significante», come è giusto che sia la musica. Non si valuti, si ascolti e basta, tra il minuto secondo 12:35 e il minuto secondo 15:25 della traccia Sinner. Il peccatore originale parlava probabilmente così (è senza dubbio una questione edenica).