«Le relazioni virtuose»

È stata pubblicata on-line una mia nuova recensione di due volumi di Franco Soldani che compongono Le relazioni virtuose. L’epistemologia scientifica contemporanea e la logica del capitale (Uniservice, 2007) sulla rivista filosofica dello Swif, 2R – Rivista di Recensioni Filosofiche [10/2008].
Nella recensione ho cercato di esporre in maniera sistematica il contenuto dei diversi capitoli di cui i volumi si compongono, tirando le somme con delle considerazioni. Prima di vederle in breve, desidero citare delle parti del testo che nella recensione era impossibile inserire.

Il capitale, sin dai suoi esordi, si è ibridato in altre parole con la logica della scienza, dando vita ad un organismo societario del tutto originale e altamente specifico, senza pari nelle altre epoche storiche che ne hanno preceduto l’origine. In questa nuova società, la scienza disegna il profilo interno delle leggi riproduttive del capitale, imprimendo loro una complessa impronta mediata. D’altro canto, il capitale a sua volta preforma mediante caratteri anch’essi estremamente complessi, il pensiero scientifico a cui deve la sua nascita. (p. 24)

[A questo punto] l’unica alternativa seria resta quella di «comprendere insieme lo sviluppo della scienza e quello della società», mettendo in risalto in particolare il «rapporto fra modo di produzione dominante a livello materiale e produzione di scienza», che sin dall’inizio ha sempre caratterizzato nel pensiero di Marx lo «stretto legame di dipendenza tra l’affermarsi storico del modo di produzione capitalistico, il sorgere della grande industria e lo sviluppo delle moderne scienze della natura». (pp. 88-89)

[Le scienze contemporanee adottano] una strategia avente come proprio primo fine quello di seppellire (e così rendere invisibile) la natura altamente problematica – avversa in primo luogo allo stesso principio di coerenza invocato dalla stessa matematica quale cartina di tornasole dei propri sistemi assiomatici – dei propri fondamenti disciplinari in uno sfondo semicultuale ed in ogni caso non più discutibile, possibilmente indistinguibile dai più. Non è detto ovviamente che questi scopi siano stati perseguiti intenzionalmente dalle correnti scientifiche chiamate in causa. Sta di fatto tuttavia che quegli intenti affiorano continuamente dall’interno stesso dei loro discorsi e si presentano con tutte le fattezze di un dato certo. Se incontrovertibilmente li si incontra ad ogni piè sospinto, una ragione deve esserci per la loro esistenza. (p. 753)

In realtà, come sappiamo, tanto che si enunci apertamente la forma ricorsiva del pensare (al fine, naturalmente, di promuoverne un’interpretazione naturale e dunque nuovamente neutrale), quanto che paradossalmente si sostenga il contrario invocando presunti presupposti materialisti, realisti, e quant’altro (esistenti tutti, si noti la cosa, all’ombra dell’assunzione), non v’è modo alcuno oggi di fuoriuscire dall’impero della mente che pensa se stessa, dalla ragione autoreferente dei soggetti, che rappresenta precisamente la mediazione più potente del potere del capitale e del suo principio determinante, finalizzata a vietare preventivamente qualunque eventuale scoperta del più autentico e immanente carattere delle cose. (p. 1228)

Questa sequenza di brani citati dai due volumi di Soldani restituisce, credo, il loro spessore e la loro portata: un’opera ambiziosa e imponente. Nella recensione ho tentato di spiegare che, nonostante l’opera sia di rilievo, pecca gravemente in alcuni aspetti.

  • La critica alla produzione accademica in parte (ma solo in parte) cade nel vuoto, dacché credo sia pacifico che una larga porzione della produzione stessa sia messa in opera da scienziati e non da professionisti della cultura che conoscono male o in cattivo modo riportano le acquisizioni scientifiche, come invece suggerisce Soldani.
  • Risultano poco convincenti alcune – non tutte – delle argomentazioni tese a mostrare la circolarità dei maggiori orientamenti scientifici e filosofici (dei primi in quanto basati sui secondi, pare di capire, condivisibilmente) soprattutto quando si tratta del rapporto di Francisco Varela col metodo fenomenologico, liquidato come platonismo mascherato, oppure del costruttivismo radicale di von Foerster e allievi, in tal caso etichettato come banale solipsismo. Il che non pare.
  • Mancanza decisiva la scelta di rinviare, dopo poco meno di 1300 pagine, l’esplicazione dettagliata della tesi di fondo – la rilettura del pensiero di Marx per un abbattimento del potere del capitale che determina l’élite scientifica dominante – a poche pagine del testo, ad altre (per quanto degne) opere dello stesso Soldani e – infine – ad alcuna citazione dello stesso Marx. Appare l’ultima beffa di un testo molto sarcastico e canzonatorio nei confronti dell’apparato scientifico.

Un bene che testi come Le relazioni virtuose vengano pensati e scritti: così ricchi, appassionanti, in qualche modo letterari, critici, documentati. Bene anche che si leggano, nonostante i rilievi critici che possono essere mossi. Perché la questione politica è troppo spesso taciuta quando si tratta di approfondire il rapporto tra scienza, pensiero e società.

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