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«Inception» o del capitalizzare un sogno

Nell’Iliade, Achille insegue Ettore intorno alle mura di Troia ma «Come uno nel sogno non riesce a inseguire il fuggitivo, | questo non riesce a sfuggirgli e neanche quello a inseguire, | così l’uno non poteva raggiungere l’altro correndo, né l’altro scampare» (XXII, 199-201).
Una raffigurazione poetica perfetta di un fenomeno onirico che capita a tutti noi ancora oggi: dopo 2800 anni il nostro ‘inconscio’ non è mutato di un iota. Il sogno e l’inconscio sono la parte dell’uomo che non è soggetta ad evoluzione – rappresentano ciò che rimane della forma umana. E il cinema è, a tutt’oggi, la cosa che più si avvicina ad un ‘sogno condiviso’. Condividiamo sullo schermo qualcosa di così intimo che lo possono vedere e sentire tutti (e il pubblico ‘colto’ è quello in grado di cogliere questo aspetto).

Seguendo il filo di Arianna che lega Blade Runner (R. Scott, 1982) e Matrix (A. & L. Wachowski, 1999) a Inception (2010), Christopher Nolan – non denunciando mai abbastanza la propria ammirazione per la lezione cinematografica di Michael Mann (la riscoperta dell’emotività epica in un contesto antiepico) – è riuscito finalmente nell’impresa (inseguita da dieci anni) di girare un film perfetto: ‘non va aggiunto né tolto nulla’ a quest’opera che rende omaggio al significato di ‘cinema’ oggi: come insegna ancora Mann e prima di lui Kubrick, il cinema colto è quello che riesce a attrarre le masse, distrarle dalla distrazione di massa – la vera pop art. Costi quel che costi.

Aspetto curioso del film è che a suggerire allo spettatore il significato segreto di ‘inconscio’ è, più di ogni altra cosa, la colonna sonora (di H. Zimmer): come rilevo da Youtube, si è operato a partire da una traccia rallentata del motivo di Edith Piaf che nel film rappresenta il punto di collegamento che consente di tornare da un ‘sogno condiviso’ alla ‘realtà condivisa’, traccia che è stata utilizzata come canovaccio per scrivere la partitura della musica che accompagna l’intero film. Per Platone sogna chi confonde l’identico e il somigliante (Resp., 476c 5-7); ebbene, lo spettatore noterà un’affinità – una sorta di ‘somiglianza di famiglia’ – tra il pezzo di Piaf e il resto della colonna sonora e tuttavia resterà una sensazione a fior di pelle, un che di vago e indefinito. Finché, come da un sogno, qualcuno non si sveglierà e riuscirà a ricordare bene cosa è successo.